Genetica e Longevità
INTRODUZIONE
I polimorfismi di singolo nucleotide sono delle mutazioni genetiche presenti in circa l’1% del genoma umano. Sebbene il termine mutazione riporti alla mente variazioni che rappresentano patologie più o meno gravi (anemia falciforme, morbo di huntington, fibrosi cistica etc), i polimorfismi sono mutazioni puntiformi benigne che non sottendono una patologia ma danno indicazione dei comportamenti migliori da attuare nella vita per aumentare la probabilità di prevenire le possibili patologie correlate a quel determinato genotipo.
Dal momento che le mutazioni sono caratteri dipendenti dalla pressione selettiva esercitata dalla forza di selezione naturale instaurata nei secoli nei confronti di un determinato gruppo isolato di individui, sono stati studiati più affondo una certa popolazione di Tibetani e Sherpa per capire se la loro impronta genetica potesse svelare il segreto della loro longevità. La genetica dei polimorfismi, per le conoscenze attuali, è associata a circa un 20% della life span individuale, l’altro 80% è legato a fattori ambientali misti dipendenti dalle abitudini individuali quali alimentazione, gestione dello stress, alcool, tabagismo, inquinanti ambientali, metalli pesanti, sedentarietà ecc.
L’elevata aspettativa di vita di queste popolazioni non è legata esclusivamente alle loro longeve abitudini bensì al loro retroterra genetico immutato ormai dal neolitico. La presenza di basse concentrazioni di ossigeno in alta quota ha permesso un adattamento particolare di certi fattori di trascrizione legati alla sintesi di molecole modulatorie delle funzioni metaboliche, apoptotiche da una parte, vasodilatatorie dall’altra attraverso geni rispettivamente conosciuti con l’acronimo di EPAS1 e ESR1.
I geni modulati sono molto legati all’aumento indesiderato di globuli rossi dovuto a pressioni dell’ossigeno più basse rispetto a quelle fisiologicamente previste. Tuttavia non è di certo questa singola modificazione a permettere la longevità (intesa come life span) di questa popolazione, ma probabilmente è uno dei motivi per il quale le neoplasie sono praticamente assenti.
Va ricordato che i motivi legati alla prevenzione dei tumori vertono su tutti quei comportamenti citati in precedenza che, probabilmente, sono scrupolosamente seguiti in modo spensierato da questa popolazione.
L’allenamento e Patologie Croniche: il contributo della genetica
L’allenamento di resistenza oltre a ridurre il rischio di patologie croniche, migliora la qualità della vita dei soggetti affetti.
Una review di Joseph Ciccolo and Sanaz Nos- rat dalla Columbia University in New York City conclude che l’allenamento con i pesi può ridurre il rischio di incorrere in patologie ardiovascolari, migliorare la qualità della vita nei pazienti oncologici, migliorare la funzione polmonare in chi è affetto da patologie cronico ostruttive, migliorare la glicemia nei pazienti diabetici, migliorare la funzione cognitiva del parkinson e sclerosi multipla, abbassare il dolore muscolare nella fibromialgia e migliorare la capacità fisica in chi ha HIV/AIDS.
Anche i genetisti si stanno impegnando nel dare un contributo sullo studio della correlazione tra genetica e attività fisica. Il polimorfismo dell’alfa actinina 3 (ACTN3) relativi alla proteina presente nella linea Z dei sarcomeri delle fibre veloci (fast twitch fiber), si è rilevato importante nel determinare la possibile predisposizione al tipo di sport. I soggetti che presentano la variante con allele C (variante con alfa actinina 3) giovano di un allenamento più finalizzato alla forza e potenza rispetto a coloro che non presentano la variante C.
Concludendo, lo stimolo allenante ottimale al fine di migliorare il proprio stato di salute può essere ipotizzato anche attraverso l’analisi delle variazioni genetiche, ma deve essere sempre basato sulle caratteristiche morfologiche e fisiologiche dell’individuo
Musica, Genetica e Gratificazione.
La musica è ritenuta uno dei principali piaceri della vita. La capacità della musica di generare gratificazione può essere addirittura superiore di quella esercitata da azioni evolutivamente vantaggiose come il sesso, il cibo e l’attività fisica.
Ma come mai una melodia ha la singolare e unica capacità di abbassare la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e migliorare la frequenza di atti respiratori diaframmatici? Semplice, perchè è evolutivamente vantaggioso.
L’uomo ha la capacità di riconoscere la musica in base alla ritmica che la compone, questa singolare capacità ereditaria e ha origini ancestrali profonde che risalgono alle prime comunità createsi circa 50.000 anni fa.
Qui, l’utilizzo di canti e balli di gruppo rinforzava l’iterazione sociale fino al punto di potenziare il legame della comunità.
La capacità della musica di suscitare forti emozioni ha origini ancora più antiche dal momento che i primi omidini utilizzavano il canto per comunicare le emozioni provate.
Recenti studi di Epigenetica (Genetica dall’ambiente) dimostrano come le donne incinta siano molto più suscettibili alla diminuzione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca durante l’ascolto di una canzone a loro gradita.
Tuttavia gli effetti positivi della musica in gravidanza possono giovare anche ai futuri nati.
I bambini sottoposti a musico terapia dal sesto mese di gestazione possiedono un cervello più sviluppato e una migliore connessione tra i i lobi cerebrali (corpo calloso maggiore).
Lo sviluppo cerebrale dipendente dalla musica ha anche una componente genetica, per capire la predisposizione ad un elevato QI si potrebbero studiare i polimorfismi del gene FNBP1L, una componente del DNA importante nella comunicazione tra neuroni e nel rilascio neurotrasmettitori .
Per quanto riguarda i nuovi nati considerando che fino a 18 mesi non si distinguere il razionale e il creativo, dare stimoli nuovi come l’ascolto di diverse melodie giornalmente può incrementare le funzioni cognitive come percezione, memoria e creatività.
Ma la musica ha effetti positivi anche negli adulti e negli anziani, migliora la comunicazione tra le aree cerebrali, migliora la capacità empatica, migliora l’articolazione e la comprensione del linguaggio e limita il declino cognitivo.